mercoledì 8 agosto 2012

L'ISLAM NEL MEDITERRANEO // Recensione di Nicola de Paulis, apparsa su "Nuovo Quotidiano di Puglia" di mercoledì 8 agosto 2012


Zafira,
la Sultana pugliese
Il destino di Giacometta,
rapita dai turchi

- di Nicola de Paulis -

Nuovo Quotidiano di Puglia
di mercoledì 8 agosto 2012

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Dalla metà del Quattrocento a tutto il XVIII secolo, il mare Mediterraneo ed in particolare la fascia adriatica, sia per motivi politici che per le guerre (come la conquista turco ottomana di Costantinopoli nel 1453), l’espansione turca nel Mediterraneo con l’assedio di Malta, il sacco di Otranto nel 1480, la battaglia di Lepanto del 1571, ecc.) furono al centro di numerosi scontri fra l’Islam e la Cristianità.
Queste vicende avevano come conseguenza la caduta in prigionia, e quindi in schiavitù, di numerosi combattenti, nonché la cattura di donne e bambini, durante le incursioni, che venivano poi venduti lontani dalle loro terre d’origine. Gli schiavi cristiani confluivano nei porti levantini o nordafricani, mentre i musulmani catturati dalle flotte cristiane erano concentrati in località vicine al mare detti “Bagni” (da cui nel Salento si ritrova la denominazione di Santa Maria al Bagno, a Nardò).
La condizione infelice della schiavitù non differiva molto sui due fronti opposti: l’attesa di un eventuale riscatto, l’impiego ai remi delle navi, il servizio nelle famiglie (in questo caso per i cristiani di solito era prevista la castrazione), i giovani e i fanciulli catturati venivano educati e addestrati per rifornire il corpo dei Giannizzeri; l’harem era la destinazione delle donne giovani e avvenenti.
Una storia emblematica di queste vicende è stata riportata da Vito Salierno, già autore di numerosi saggi, nel recente “Islam nel Mediterraneo - Incontro scontro di civiltà” pubblicato dall’editore Capone di Cavallino.
A causa di un attacco da parte di una flotta turca nell’agosto del 1620, ai danni di Manfredonia in Puglia, si svilupparono due avvenimenti che dimostrano come Islam e Cristianità abbiano avuto una comune storia civile, umana e di integrazione culturale e a volte familiare, anche se spesso interrotta dalla reciproca intolleranza religiosa.
Il primo di questi avvenimenti è, appunto, il rapimento da parte delle truppe turche nel Monastero delle Clarisse di Manfredonia di una bambina di circa dieci anni, Giacometta Beccarino, orfana della madre e affidata alle cure delle suore dal padre, un alto ufficiale dell’esercito spagnolo, che portata alla corte di Costantinopoli, conquistò il cuore del Sultano Ibrahim, dandogli un figlio e riuscendo e farsi sposare. Un caso rarissimo nella storia familiare della Sublime Porta. La ragazza divenne così la Sultana pugliese, di cui parlano le cronache del tempo. Il figlio Osman ebbe un destino più triste: catturata la nave che lo trasportava, ancora bambino, dai Cavalieri di Malta, irriducibili nemici dell’Islam, fu per tutta la vita ostaggio dei cristiani, costretto a convertirsi e a farsi frate domenicano per volere del Papa.
Ma torniamo alla storia della bambina: dopo la cattura, fu portata a bordo della nave ammiraglia e alloggiata nella cabina del comandante per tutto il viaggio verso Costantinopoli, essendo lei stessa del bottino destinato al Sultano. Ella trascorse diversi anni nel Serraglio, sotto la sorveglianza di una “oda”, una “donna di stanza” e del Qizlar Aghasi, il capo degli eunuchi dell’harem. La sua vita cambiò: le vennero impartite lezioni di turco, imparò a recitare il Corano, a suonare il liuto e l’arpa, a cantare e a ricamare e le fu cambiato in nome in Zafira.
Nel febbraio del 1640, Murad IV, il Sultano conquistatore di Bagdad, muore improvvisamente. Sale al trono il fratello Ibrahim, soprannominato “Deli”, il pazzo, che aveva allora 24 anni.
Ibrahim, racconta Salierno, soffriva di prolungati periodi di impotenza e diventato Sultano, si trovò di fronte alla necessità di procreare. Le numerose concubine e i filtri magici non risolsero il problema, finché il capo degli eunuchi decise di far incontrare Zafira e Ibrahim in un giorno di primavera, in un giardino di tulipani prima del tramonto. L’olezzo dei fiori, il profumo che emanava il corpo di Zafira, un libretto romantico persiano di storie d’amore, conquistarono e “guarirono” il Sultano. Nel gennaio del 1642 Zafira diede all’impero il sospirato erede, Osman: la ragazza pugliese era diventata “sultana” e suntuosi furono i festeggiamenti nel Topkapi, in città e nell’Impero. Ma solo dopo due anni, nel 1644, la nave che portava Zafira e il piccolo Osman alla Mecca, fu catturata dai Cavalieri di Malta, fedeli al Papa, che rifiutarono qualsiasi riscatto.
Intanto il tribunale dell’Inquisizione di Malta, scoprì la vera identità di Zafira, morta nel frattempo nel gennaio del 1645 e fu riconosciuto in Osman l’erede al trono di Costantinopoli.
Il Sultano si vendicò scatenando una guerra sanguinosa contro Venezia attaccando Candia che capitolò alcuni anni dopo.
Osman fu battezzato e assunse il nome di Domenico Ottomano. Si dedicò alla vita ascetica e allo studio della filosofia. Dopo vari spostamenti, frate Domenico Ottomano morì a Malta.



Recensione apparsa su “Nuovo Quotidiano di Puglia” di mercoledì 8 agosto 2012

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