mercoledì 19 settembre 2012

PUGLIA BIZANTINA// Recensione di Giacomo Annibaldis apparsa su "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 13/08/2012


«Puglia bizantina»,
cercando Costantinopoli all’angolo di casa
Con Nino Lavermicocca,
per riscoprire storia e cultura della nostra regione
di GIACOMO ANNIBALDIS

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I vandali l’hanno imbrattata con vernice rosa: una sorta di performance, che voleva essere spiritosa e che invece è soltanto stupida.  Così un anno fa appariva la chiesetta di San Mauro presso Gallipoli, tutta coperta da uno strato rosa-shocking. Scandaloso.
Di certo i barbari non conoscevano il valore del piccolo romitaggio, «segno forte e indissolubile luogo della bizantinità di Gallipoli», la cui fondazione si perde nella leggenda, mentre il sito è «ben documentato dal 1149 fino al 1227, nel luogo detto “A n a fo r a r i o ”, prospiciente cioè il mare».
D’altronde molti di noi conoscono ben poco la storia della Puglia bizantina, gli eventi, le tracce, i culti e i tesori disseminati nel territorio e nelle chiese... Una storia medievale, che vuole emergere e farsi notare: se si pensa che negli ultimi decenni nel borgo antico di Bari sono affiorati i resti di una decina di luoghi sacri sicuramente bizantini, tempietti databili cioè al tempo in cui la  città era la capitale del «Thema Langobardorum», sotto il dominio di Costantinopoli. E lo fu per ben due secoli.
Sulle vicende baresi Nino Lavermicocca ha più volte cercato di richiamare l’attenzione; almeno con i tre volumi divulgativi editi da Pagina (Bari bizantina.Capitale mediterranea del 2003; Bari bizantina. 1071-1156: il declino, del 2006, e Bari bizantina. 1156-1261, del 2010).
Ora lo studioso barese (che è stato ispettore nella Soprintendenza di Puglia) allarga il suo campo visivo e ci dona un affresco su tutta la Puglia bizantina, raccontandoci, per i tipi dell’editore Capone, «Storia e cultura di una regione mediterranea (876-1071)» (pp. 167, euro 17). E sue sono le parole espresse prima a proposito del tempietto di San Mauro presso Gallipoli.
Secondo lo studioso, «i due secoli di storia bizantina della Puglia (871-1071) sono fra i più ricchi di eventi e avvenimenti, come mai più nel corso delle vicende della regione, che hanno forgiato paesaggio, ambiente, cultura, unità, coscienza di appartenenza ed identità storica, da allora connesse stabilmente al mondo orientale e mediterraneo, nel segno di Costantinopoli ».
E poiché questo potrebbe apparire a molti come un giudizio un tantino esagerato, Lavermicocca intende confermarlo quasi enumerando tutto l’enume - rabile, cercando di chiamare a suoi testimoni i Cristi Pantokratori, le Madonne Odegitrie, i santi orientali affrescati sulle pareti di chiese e romitaggi rupestri, o nelle icone disseminate - e sopravvissute - nei luoghi di culto. Non solo Bari, divenuta capitale bizantina, ottenne un invidiabile primato; ma anche le città costiere del Salento conobbero traffici, benessere, istituzioni che rimandavano a Costantinopoli. Con Bisanzio anche la conformazione della Capitanata - grazie all’org anizzazione territoriale voluta dal catapano Basilio Bojohannes (1017-1028) - si rinnovò con la nascita di villaggi-castelli che ne delimitavano le frontiere.
Nino Lavermicocca ci conduce quindi nelle grotte, nei luoghi di una civiltà rupestre in cui occhieggiano benevoli i beati, nei santuari, ma anche negli archivi: alla scoperta di documenti utili a mostrarci quello che lui definisce l’«imprinting bizantino » lasciato nel territorio e durato anche dopo la conquista normanna. Ci guida con la consueta foga a volte troppo accumulativa, propria di chi intende mostrare la sua passione per la sua terra: affastellando catapani, monumenti, documenti, gerarchie, tracce e reperti... Una passione propria di chi riesce a indignarsi ancora per la perdita di memoria e di chi non si stanca ancora a proporre - in questi tempi di vacche magre anche per lo spirito - una rinascita di consapevolezza, nonché nuovi musei che dovrebbero nascere - improbabile - mentre altri, già esistenti, languono, invisibili. Mentre un così grande patrimonio va perdendosi.


Recensione apparsa su “La Gazzetta del Mezzogiorno” di lunedì 13/08/2012

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