venerdì 19 aprile 2013

IL SAIO E LA SPADA /// Recensione di Felice Laudadio Jr su Larepubblica.it


I cavalieri Argonauti
di San Nicola
di Felice Laudadio Jr

È l’ultimo capitolo, ma per i baresi è il più interessante. Si conclude con alcune pagine di notizie sugli Argonauti di San Nicola il nuovo saggio storico di Orazio Ferrara dedicato agli Ordini cavallereschi e ospitalieri medievali, pubblicato tra le novità dell’editore salentino Capone (“Il saio e la spada Orazio Ferrara – Il saio e la spada”, 128 pag. 10 euro). Argonauti sta per marinai, ma i consacrati erano di fatto dei crociati. Raggiungere la Palestina per vendicare con le armi la morte di Gesù e restituire la Terra Santa ai cristiani – spade levate contro ebrei e musulmani, dunque –questo lo scopo della confraternita costituita da Carlo III re di Napoli, Sicilia e Gerusalemme. Ma a differenza dei troni nelle due capitali del sud, quello gerosolimitano era solo virtuale per il già duca di Durazzo e per approdare alle coste del Medio Oriente occorreva attraversare il Mediterraneo. Proprio questo assegnava ai Cavalieri della Nave o Argonauti di San Nicola il carattere distintivo rispetto a tutti gli altri ordini religiosi-militari del medioevo: “la singolarità di essere un ordine con forti accentuazioni marinaresche”. Considerato che il vero motivo della creazione del nuovo Ordine, nel dicembre 1381, era concedere al suo fondatore e primo gran Maestro un regno prestigioso e il titolo influente di Difensore del Santo Sepolcro, non è difficile comprendere perché la scelta devozionale di re Carlo sia caduta su San Nicola. Non solo era uno dei santi più amati dai monaci-cavalieri, a cominciare dai Templari, ma soprattutto conciliava le esigenze religiose-militari con quelle marinaresche, in quanto protettore di navi e marinai, secondo la leggenda, “dura a morire presso i vecchi marinai di baresi – scrive Ferrara – che il santo, prima di essere vescovo, sia stato un provetto marinaio”.
Nelle cerimonie i cavalieri indossavano un mantello azzurro, fitto di gigli dorati ricamati. In testa, un berretto di velluto nero, con una placchetta d’oro che recava l’araldica degli Argonauti: una nave nel mare in tempesta e il motto: Non cedo tempori. L’effigie era anche riprodotta in una medaglia, appesa al collo con un cordone di seta bianca e rossa intrecciata, chiuso da nappina e nastro sempre bicolori. È utile indicarlo visto che l’Ordine della Nave o degli Argonauti di San Nicola è pressoché sconosciuto, non sopravvisse infatti alla morte del suo fondatore, tanto da risultare in piena decadenza già alla fine del XIV secolo.
Il lavoro di Orazio Ferrara (nato a Pantelleria, vive a Sarno e scrive di navigazione e storica per Capone ed altri editori) è attento anche alla marineria pugliese al tempo dei Templari, tra gli altri capitoli monografici dedicati agli ordini militari diversi da quelli più noti (sarebbe sbagliato dire minori). Oltre ai cavalieri di San Giovanni (poi di Malta), dei Teutonici e del Tempio, altri religiosi armati si sono distinti al servizio della Cristianità: il testo considera innanzitutto i monaci-guerrieri dal bianco mantello dell’Ordine di Santa Caterina, a guardia del Sinai; quelli del Fuoco Sacro o di Sant’Antonio Abate; della Confrérie de Monseigneur Saint Antoine de Barbefosse; di San Giacomo della Spada e i Monaci Bianchi ospitalieri che operavano in devozione della Materdomini, una delle sette Madonne napoletane. Tra delle più affascinanti, sempre delle meno note, è la Nobile Compagnia dello Spirito Santo del Diritto Desiderio, detta del Nodo d’Amore, i cui bianchi cavalieri dovevano sciogliere il nodo simbolico in caso di uccisione e potevano riannodarlo solo visitando il Santo Sepolcro da umili pellegrini. Nel capitolo sulla marineria pugliese, con i suoi porti d’imbarco strategici verso la Terrasanta, spiccano le consuetudini e ordinamenti marittimi che hanno anticipato le Tavole amalfitane e sono di fatto tra gli antenati dell’attuale codice della navigazione e della disciplina portuale e nautica fatta osservare dalle Capitanerie.

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